DOV’E NATO IL PREMIO?
Come definire in poche parole il Casentino?
C’è chi ha proposto di chiamarlo la Valle dello Spirito e come dargli torto? Sono tanti gli edifici religiosi sparsi nel territorio: i monasteri come Camaldoli, i conventi come quello francescano della Verna, le badie vallombrosane come San Fedele di Poppi, i santuari, le pievi romaniche, le semplici priorie e le cappelle.
Non meno numerose le edicole ai bordi delle strade, con l’immagine della Madonna e dei Santi, effigiati nelle celebri terrecotte robbiane, ingaggiati dietro ricompensa di un fiore.
Qualcuno ha preferito dare risalto alle foreste di Camaldoli, di Campigna, di Badia Prataglia, tra le più vaste d’Italia. Le piantate di abeti si alternano con i boschi di faggi, di castagni e d’infinite altre specie vegetali. Tutti questi alberi imponenti e le piante fruttifere, i folti cespugli e le umili erbe dei prati giustificano appieno il titolo di Valle Verde, attribuito al Casentino.
I turisti restano colpiti dallo spettacolo dei castelli, delle torri, dei borghi fortificati, che dalle alture strategiche dominano il territorio. Pur avendo una storia già ricca prima del Mille, il Casentino ha acquisito i caratteri che lo distinguono ancora oggi nel Medioevo, in particolare nella fase dell’incastellamento. Merita perciò anche l’epiteto di Valle dei Guidi, benché i monaci e i Vescovi aretini abbiano conteso ai conti Guidi il titolo di domini loci, finché Firenze, nel 1440 non li soppiantò nei loro domini. Non sbagliano neppure quanti ripiegano sul vecchio nome Alta Valle dell’Arno. È infatti il fiume dal letto infossato, nato dal Falterona, a plasmare il Casentino, grazie ai torrenti che allegramente confluiscono in esso. Lo intuì Dante Alighieri, che in bocca a Mastro Adamo ha messo i famosi versi:
Li ruscelletti che di’ verdi colli / del Casentin discendon giuso in Arno / facendo i lor canali freddi e molli / sempre mi stanno innanzi e non indarno / …
E questa è l’immagine che si portano dentro i Casentinesi costretti a vivere lontano dalla loro valle: un’immagine carica di nostalgia.
Le pievi romaniche
Fra le tracce del periodo romanico emergono le grandi pievi, situate sulle principali strade medioevali.
Pieve a Socana, non lontana da Rassina. La località è diventata famosa perché ha accolto diversi culti legati fra loro in una sequenza fantastica. Il primo culto è attestato dal grande altare etrusco in pietra arenaria, costruito nel V secolo a. C. sulla terrazza rivolta a est. In direzione opposta si è sviluppata, fra il XII e il XIV secolo, la pieve di Sant’Antonino. Della bella Pieve di Romena si dirà più avanti.
Monasteri e conventi
All’interno delle foreste storiche casentinesi, su un antico sentiero che congiungeva il Casentino alla Romagna, sono situati l’Eremo di Camaldoli (1105 metri s.l.m.) e il Monastero omonimo (300 metri più in basso). Rappresentano da soli tanta parte della storia dell’Alta Valle dell’Arno, da quando il benedettino san Romualdo li fondò, all’inizio del secolo XI, coll’intento di congiungere la vita contemplativa con la vita attiva.
Centro della spiritualità francescana è il Sacro Monte della Verna, in cui il poverello di Assisi ricevette le stimmate nell’anno 1224. La memoria di san Francesco rivive nel groviglio dei massi al cui interno volle trascorrere in letizia periodi di dura penitenza. La basilica costruitavi accanto con il contributo della fiorentina Arte della Lana, conserva alcuni capolavori dei Della Robbia, disseminati anche in altri ambienti dell’insigne convento: dalla piccola chiesa di Santa Maria degli Angeli, alla Cappella delle Stimmate.
C’è chi ha proposto di chiamarlo la Valle dello Spirito e come dargli torto? Sono tanti gli edifici religiosi sparsi nel territorio: i monasteri come Camaldoli, i conventi come quello francescano della Verna, le badie vallombrosane come San Fedele di Poppi, i santuari, le pievi romaniche, le semplici priorie e le cappelle.
Non meno numerose le edicole ai bordi delle strade, con l’immagine della Madonna e dei Santi, effigiati nelle celebri terrecotte robbiane, ingaggiati dietro ricompensa di un fiore.
Qualcuno ha preferito dare risalto alle foreste di Camaldoli, di Campigna, di Badia Prataglia, tra le più vaste d’Italia. Le piantate di abeti si alternano con i boschi di faggi, di castagni e d’infinite altre specie vegetali. Tutti questi alberi imponenti e le piante fruttifere, i folti cespugli e le umili erbe dei prati giustificano appieno il titolo di Valle Verde, attribuito al Casentino.
I turisti restano colpiti dallo spettacolo dei castelli, delle torri, dei borghi fortificati, che dalle alture strategiche dominano il territorio. Pur avendo una storia già ricca prima del Mille, il Casentino ha acquisito i caratteri che lo distinguono ancora oggi nel Medioevo, in particolare nella fase dell’incastellamento. Merita perciò anche l’epiteto di Valle dei Guidi, benché i monaci e i Vescovi aretini abbiano conteso ai conti Guidi il titolo di domini loci, finché Firenze, nel 1440 non li soppiantò nei loro domini. Non sbagliano neppure quanti ripiegano sul vecchio nome Alta Valle dell’Arno. È infatti il fiume dal letto infossato, nato dal Falterona, a plasmare il Casentino, grazie ai torrenti che allegramente confluiscono in esso. Lo intuì Dante Alighieri, che in bocca a Mastro Adamo ha messo i famosi versi:
Li ruscelletti che di’ verdi colli / del Casentin discendon giuso in Arno / facendo i lor canali freddi e molli / sempre mi stanno innanzi e non indarno / …
E questa è l’immagine che si portano dentro i Casentinesi costretti a vivere lontano dalla loro valle: un’immagine carica di nostalgia.
Le pievi romaniche
Fra le tracce del periodo romanico emergono le grandi pievi, situate sulle principali strade medioevali.
Pieve a Socana, non lontana da Rassina. La località è diventata famosa perché ha accolto diversi culti legati fra loro in una sequenza fantastica. Il primo culto è attestato dal grande altare etrusco in pietra arenaria, costruito nel V secolo a. C. sulla terrazza rivolta a est. In direzione opposta si è sviluppata, fra il XII e il XIV secolo, la pieve di Sant’Antonino. Della bella Pieve di Romena si dirà più avanti.
Monasteri e conventi
All’interno delle foreste storiche casentinesi, su un antico sentiero che congiungeva il Casentino alla Romagna, sono situati l’Eremo di Camaldoli (1105 metri s.l.m.) e il Monastero omonimo (300 metri più in basso). Rappresentano da soli tanta parte della storia dell’Alta Valle dell’Arno, da quando il benedettino san Romualdo li fondò, all’inizio del secolo XI, coll’intento di congiungere la vita contemplativa con la vita attiva.
Centro della spiritualità francescana è il Sacro Monte della Verna, in cui il poverello di Assisi ricevette le stimmate nell’anno 1224. La memoria di san Francesco rivive nel groviglio dei massi al cui interno volle trascorrere in letizia periodi di dura penitenza. La basilica costruitavi accanto con il contributo della fiorentina Arte della Lana, conserva alcuni capolavori dei Della Robbia, disseminati anche in altri ambienti dell’insigne convento: dalla piccola chiesa di Santa Maria degli Angeli, alla Cappella delle Stimmate.
I borghi e i castelli
La notizia tramandata dal Villani, secondo cui, dopo la battaglia di Campaldino (11 giugno 1289) i guelfi fiorentini distrussero oltre 40 castelli dei ghibellini alleati con Arezzo, induce a immaginare il territorio casentinese presidiato da innumerevoli torri fortificate. Di alcune rimangono le memorie in molti ruderi oggi nascosti da un’arruffata vegetazione, di altre la presenza delle ricordiamo che alla prima fase dell’incastellamento, cioè al periodo anteriore al 1050, appartengono Castel Castagnaio, Porciano, Romena e Bibbiena. Alla terza fase dell’incastellamento, che si colloca cronologicamente nella seconda metà del secolo XII, appartengono Castel San Niccolò, sopra Strada, e il castello di Poppi.
La notizia tramandata dal Villani, secondo cui, dopo la battaglia di Campaldino (11 giugno 1289) i guelfi fiorentini distrussero oltre 40 castelli dei ghibellini alleati con Arezzo, induce a immaginare il territorio casentinese presidiato da innumerevoli torri fortificate. Di alcune rimangono le memorie in molti ruderi oggi nascosti da un’arruffata vegetazione, di altre la presenza delle ricordiamo che alla prima fase dell’incastellamento, cioè al periodo anteriore al 1050, appartengono Castel Castagnaio, Porciano, Romena e Bibbiena. Alla terza fase dell’incastellamento, che si colloca cronologicamente nella seconda metà del secolo XII, appartengono Castel San Niccolò, sopra Strada, e il castello di Poppi.
Il castello di Poppi, senza dubbio è il meglio conservato, anche perché, dopo la cacciata del conte Francesco Guidi nel 1440, è rimasto per secoli la sede del vicario fiorentino. È sicuramente questo castello con il magnifico borgo, costruito ai suoi piedi, che conviene visitare per avere un’idea di un mondo che ci portiamo dentro in maniera inconsapevole.
Castello di Poppi |
Parco Nazionale delle foreste Casentinesi
Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, istituito nel 1993, si estende per circa 36.000 ettari lungo il crinale appenninico tra le province di Arezzo, Firenze e Forlì. Il territorio è coperto da boschi e foreste di abeti, faggi e castagni monumentali per l’80% della sua estensione, tra i più estesi e meglio conservati d’Italia. Nel Parco sono comprese zone di alto valore naturalistico come la Riserva naturale integrale di Sassofratino e le faggete vetuste sono oggi Patrimonio dell’Umanità, aree protette a evoluzione spontanea entro le quali è consentito l’accesso solo per motivi di studio e su autorizzazione. Di grande interesse anche il patrimonio faunistico con oltre 160 specie di vertebrati. Sono tornati stabilmente il lupo e l’aquila reale, oltre a consistenti popolazioni di cervi, caprioli, daini e cinghiali. Le foreste e i numerosi ambienti naturali fanno da cornice ai segni di millenaria presenza dell’uomo: borghi, mulattiere e soprattutto i due santuari, di assoluto fascino sopra citati, come Camaldoli e La Verna.
I due piccoli comuni limitrofi Pratovecchio e Stia, in seguito al referendum dell’ottobre 2013, si sono unificati con la nuova denominazione di ''Pratovecchio Stia'', per unire le forze e integrarsi nei servizi.
Pratovecchio
Il paese di Pratovecchio sorge lungo la riva sinistra dell'Arno a pochi chilometri dalla sua sorgente.
L'origine del borgo e il suo successivo sviluppo, avvenne nell'Alto Medioevo dal 1134, con la fondazione del monastero femminile di San Giovanni Evangelista, voluto dai Conti Guidi, signori di Poppi, per collocarvi Sofia come Badessa, della loro stessa casata. Esso ricadeva sotto la giurisdizione di quello benedettino di Camaldoli. Nel 1440, in seguito alla vittoria dei Guelfi, tutta l'area del Casentino, compresi i borghi di Pratovecchio e Stia, passarono alla Repubblica di Firenze, seguendone le vicissitudini.
Il centro storico è caratterizzato da stradine e da 2 piazze fiancheggiate da tipici porticati. Delle numerose torri esistenti lungo la cinta muraria restano solo due esemplari, una di esse è inglobata nelle costruzioni del centro e fa da collegamento tra la piazza vecchia e quella nuova. L’altra sporge da un giardino recintato da un muro e testimonia la posizione che aveva il muro di cinta del borgo, collegando idealmente le due torri.
Di memoria storica sono anche le frazioni di questo comune: San Donato, Valiana, dove è custodita gelosamente una tavola del XIV sec. attribuita al Maestro della Madonna Strauss; Lonnano, Casalino, sulle colline verso Camaldoli; invece verso Firenze, Coffia, Villa, Gualdo, Castel Castagnaio di origini etrusche, con i ruderi del castello; Campolombardo, che deve il suo nome alla presenza dei Longobardi.
Il paese di Pratovecchio sorge lungo la riva sinistra dell'Arno a pochi chilometri dalla sua sorgente.
L'origine del borgo e il suo successivo sviluppo, avvenne nell'Alto Medioevo dal 1134, con la fondazione del monastero femminile di San Giovanni Evangelista, voluto dai Conti Guidi, signori di Poppi, per collocarvi Sofia come Badessa, della loro stessa casata. Esso ricadeva sotto la giurisdizione di quello benedettino di Camaldoli. Nel 1440, in seguito alla vittoria dei Guelfi, tutta l'area del Casentino, compresi i borghi di Pratovecchio e Stia, passarono alla Repubblica di Firenze, seguendone le vicissitudini.
Il centro storico è caratterizzato da stradine e da 2 piazze fiancheggiate da tipici porticati. Delle numerose torri esistenti lungo la cinta muraria restano solo due esemplari, una di esse è inglobata nelle costruzioni del centro e fa da collegamento tra la piazza vecchia e quella nuova. L’altra sporge da un giardino recintato da un muro e testimonia la posizione che aveva il muro di cinta del borgo, collegando idealmente le due torri.
Di memoria storica sono anche le frazioni di questo comune: San Donato, Valiana, dove è custodita gelosamente una tavola del XIV sec. attribuita al Maestro della Madonna Strauss; Lonnano, Casalino, sulle colline verso Camaldoli; invece verso Firenze, Coffia, Villa, Gualdo, Castel Castagnaio di origini etrusche, con i ruderi del castello; Campolombardo, che deve il suo nome alla presenza dei Longobardi.
A dominare il paese e tutta la valle, si erge il Castello di Romena, che in Toscana è tra quelli più ricchi di memorie storiche e letterarie, con le sue tre torri ancora svettanti in cima alle coste e con le sue cinte murarie. La sua felice posizione e i ricordi danteschi fanno sì che il Castello sia meta obbligata di chi viene in Casentino, perché da lassù si può ammirare il corso dell’Arno, il verde delle colture, dei boschi e dei monti circostanti.
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San Pietro di Romena fu fondata, come si legge nel primo capitello a sinistra dell’entrata, in tempore famis, cioè in tempo di carestia, nell’anno 1152. La perfezione con cui è lavorata la pietra, soprattutto dell’abside, mostra la grande abilità dei Maestri Comacini. Attualmente, insieme agli edifici circostanti, il luogo è risorto grazie alla presenza della Fraternità di Romena, fondata da Don Luigi Verdi, che propone corsi di spiritualità, che attirano persone di tutte le fedi e da tutta Italia.
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Del Castello di Pratovecchio, in particolare dei lati orientali e meridionali, rimangono due testimonianze: il Teatro degli Antei, luogo di aggregazione, di convegni, mostre, nonché di una nutrita stagione teatrale; la Sala del Podestà, antica sede dell’autorità del Podestà, delegata dalla Signoria dei Medici ad amministrare Stia e Pratovecchio. Qui abitò Dante Alighieri, accolto da Guido Selvatico di Dovadola e dalla moglie Manentessa, dopo la sua condanna all’esilio. Nell’Epistola IV indirizzata a Moroello Malaspina, il divino Poeta caratterizza la località da cui scrive come prossima alla corrente dell’Arno, in mezzo all’alpi. Non si potrebbe definire meglio la parte più antica di Pratovecchio, il borgo, vicino all’Arno ancora spumeggiante e chiaro, tra il Falterona, la Giogana, la Verna e il Pratomagno.
La chiesa parrocchiale del Santissimo Nome di Gesù in Pratovecchio venne costruita tra il 1592 e il 1661; nei secoli successivi, venne arricchita con decorazioni barocche, tra cui altari, statue e quadri. L'interno della chiesa è in un sobrio stile neorinascimentale, con navata unica coperta con soffitto a cassettoni, sorretto da travi poggianti su mensole.
All'interno della chiesa vi sono alcune opere, provenienti dalla pieve di San Pietro a Romena: un trittico smembrato, di cui si conservano qui la parte centrale raffigurante la Madonna con il Bambino e i Santi Pietro e Paolo e il laterale con i Santi Giovanni Battista e Sant'Antonio Abate, di Giovanni del Biondo (1386);
All'interno della chiesa vi sono alcune opere, provenienti dalla pieve di San Pietro a Romena: un trittico smembrato, di cui si conservano qui la parte centrale raffigurante la Madonna con il Bambino e i Santi Pietro e Paolo e il laterale con i Santi Giovanni Battista e Sant'Antonio Abate, di Giovanni del Biondo (1386);
la Madonna in trono con il Bambino (fine XIII secolo), riferita al Maestro di Varlungo, artista prossimo a Cimabue; la Madonna del Rosario coi quindici misteri di Francesco Mati (1589). La Madonna con Bambino in terracotta policroma (fine XV secolo) è venerata come Madonna della Neve. In una cappella laterale 999vi è un pregevole Crocifisso ligneo dipinto, con le braccia snodabili del XV secolo, di scuola fiorentina.
La Badia di Santa Maria a Poppiena, all’ingresso del paese, di cui resta solo la chiesetta, è documentata dal 1099, ma fu soppressa nel XV sec. Nella parte inferiore della facciata il paramento murario romanico è a filaretto di pietra arenaria; al centro è il rosone del XIII sec. L'interno a navata unica con abside semicircolare ha il soffitto a capriate lignee. L'abside è introdotta da un ampio arco ed è illuminata da tre monofore chiuse da lastre di alabastro. La tavola quattrocentesca con l'Annunciazione di Giovanni dal Ponte, e un frammento di affresco trecentesco con la Madonna in trono con il Bambino tra i Santi Benedetto e Romualdo. torre campanaria, dagli archi leggermente acuti, è di respiro già gotico.
Numerosi sono i conventi femminili, che nei secoli hanno svolto e svolgono tuttora funzioni educative e di servizio alla comunità. Tra di loro sono importanti per il loro legame con la famiglia comitale dei Guidi e con l’ordine benedettino-camaldolese il Monastero di San Giovanni Evangelista, che venne fondato a Pratovecchio proprio da una donna: Sofia dei Conti Guidi nel 1134, attorno al quale si è poi sviluppato il borgo e il castello. Il monastero nei secoli ha svolto anche un’importante funzione sanitaria con la produzione di ricette ottenute dalle erbe officinali, distillate in un monumentale e multifunzionale alambicco. Questo monastero ha una chiesetta, che merita una visita, insieme al suddetto alambicco, perché custodisce importanti opere pittoriche e un organo storico.
Più recente il convento delle domenicane intitolato a Santa Maria della Neve, che risale al ’500. Altre comunità religiose sono presenti nel paese a svolgere funzioni educative e sociali.
Proprio accanto a questi luoghi sacri sorge il Palazzo Vigiani, al centro di Pratovecchio, oggi sede del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona, Campigna.
Pratovecchio ha dato i natali ai pittori Paolo Uccello e Giovanni Del Biondo. Cristoforo Landino, insigne letterato, vi soggiornò e vi morì nel 1492; è famoso per aver fatto il commento della Divina Commedia, che presentò alla Signoria di Firenze nel 1481.
La Badia di Santa Maria a Poppiena, all’ingresso del paese, di cui resta solo la chiesetta, è documentata dal 1099, ma fu soppressa nel XV sec. Nella parte inferiore della facciata il paramento murario romanico è a filaretto di pietra arenaria; al centro è il rosone del XIII sec. L'interno a navata unica con abside semicircolare ha il soffitto a capriate lignee. L'abside è introdotta da un ampio arco ed è illuminata da tre monofore chiuse da lastre di alabastro. La tavola quattrocentesca con l'Annunciazione di Giovanni dal Ponte, e un frammento di affresco trecentesco con la Madonna in trono con il Bambino tra i Santi Benedetto e Romualdo. torre campanaria, dagli archi leggermente acuti, è di respiro già gotico.
Numerosi sono i conventi femminili, che nei secoli hanno svolto e svolgono tuttora funzioni educative e di servizio alla comunità. Tra di loro sono importanti per il loro legame con la famiglia comitale dei Guidi e con l’ordine benedettino-camaldolese il Monastero di San Giovanni Evangelista, che venne fondato a Pratovecchio proprio da una donna: Sofia dei Conti Guidi nel 1134, attorno al quale si è poi sviluppato il borgo e il castello. Il monastero nei secoli ha svolto anche un’importante funzione sanitaria con la produzione di ricette ottenute dalle erbe officinali, distillate in un monumentale e multifunzionale alambicco. Questo monastero ha una chiesetta, che merita una visita, insieme al suddetto alambicco, perché custodisce importanti opere pittoriche e un organo storico.
Più recente il convento delle domenicane intitolato a Santa Maria della Neve, che risale al ’500. Altre comunità religiose sono presenti nel paese a svolgere funzioni educative e sociali.
Proprio accanto a questi luoghi sacri sorge il Palazzo Vigiani, al centro di Pratovecchio, oggi sede del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona, Campigna.
Pratovecchio ha dato i natali ai pittori Paolo Uccello e Giovanni Del Biondo. Cristoforo Landino, insigne letterato, vi soggiornò e vi morì nel 1492; è famoso per aver fatto il commento della Divina Commedia, che presentò alla Signoria di Firenze nel 1481.
Stia
Stia trae la sua origine da un villaggio sorto sulla romana Via Maior che collegava il Casentino a San Godenzo, in Mugello. Il toponimo è di origine latina, per contrazione dal nome del torrente Staggia. Le prime indicazioni sul paese di Stia si trovano nel Regesto Camaldolese del 1053, dove si legge della Plebe S. Mariae de Staia e successivamente, nel 1093, troviamo citato un Casale de Stia.
Stia trae la sua origine da un villaggio sorto sulla romana Via Maior che collegava il Casentino a San Godenzo, in Mugello. Il toponimo è di origine latina, per contrazione dal nome del torrente Staggia. Le prime indicazioni sul paese di Stia si trovano nel Regesto Camaldolese del 1053, dove si legge della Plebe S. Mariae de Staia e successivamente, nel 1093, troviamo citato un Casale de Stia.
Nel Medioevo Stia si sviluppò come “mercatale” della Contea di Porciano, residenza del ramo dei Conti Guidi detti di Palagio, per ricordare la costruzione avvenuta nel 1230, di una sontuosa abitazione sulle rive del torrente Staggia, detta appunto il Palagio. Attorno a questo imponente edificio si sviluppò un nuovo agglomerato, che andò ad aggiungersi al villaggio già esistente a monte, denominato Stia Vecchia. I Conti Guidi “di Palagio” mantennero il possesso della terra di Stia sino all'assedio a cui il borgo fu sottoposto da parte della Repubblica Fiorentina (1402). La storia successiva di Stia è legata a quella di Firenze.
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Il Comune, che nel 1840 contava 2.901 abitanti, ebbe un grande sviluppo grazie alla lavorazione della lana, perché qui nacque il celebre panno “casentino”. Nei primi anni del 1900 erano quasi 500 gli operai impiegati nel Lanificio di Stia. Oggi Stia, che ha individuato nel turismo la sua nuova leva di crescita, è un paese in cui passato e presente, progresso economico e difesa dell'ambiente, tradizioni e storia si coniugano sapientemente.
Al centro del paese è situata Piazza Tanucci, bella struttura dalla forma irregolare con i suoi portici che la fiancheggiano; e essa caratterizza tutto l’impianto urbanistico della cittadina. La piazza, già citata nell’Atlante Mondiale di Urbanistica, prende il nome dal celebre e illuminato statista del Regno di Napoli Bernardo Tanucci nato a Stia nel 1698. Di interesse st storico-artistico la fontana in pietra con ornamenti in metallo e l’affresco di Pietro Annigoni raffigurante San Francesco (1983). In questa piazza è stato girato gran parte del fortunato film Il Ciclone di Leonardo Pieraccioni... Su piazza Tanucci si affaccia la Pieve di Santa Maria Assunta, gioiello di arte romanica risalente nella sua struttura base al XII secolo. All’interno sono conservate opere di assoluto valore artistico fra le quali il Trittico dell'Annunciazione di Bicci di Lorenzo (1414), una Madonna col Bambino di Andrea della Robbia ed un ciborio in terra policroma dei Della Robbia.
Erede dell’antico castello dei Conti Guidi completamente distrutto nel 1440, l’attuale edificio fu fatto costruire agli inizi del novecento dall’Avvocato Carlo Beni, autore della celebre Guida del Casentino.
L’aspetto del palazzo è di tipo tardo-romanico con il prospetto caratterizzato dalla torre merlata, dai due ordini della facciata e dalla scala di collegamento dei piani che richiama l'impostazione del castello di Poppi. Il Palagio, di proprietà comunale, ospita la Raccolta d’Arte Contemporanea ed è sede di mostre e convegni.
Palagio Fiorentino
Antico castello dei Conti Guidi risalente al X secolo, famoso per la posizione geografica e per le caratteristiche architettoniche, è una delle rocche casentinesi più interessanti, raro esempio di torre-castello. Porciano è anche famoso per le memorie dantesche: la tradizione vuole che Dante vi sia stato tenuto prigioniero dopo la battaglia di Campaldino.
Castello di Porciano
A 4 km da Stia, lungo la strada per Londa, si trova il Santuario di Santa Maria delle Grazie, costruito sul luogo dove, secondo la tradizione, nel 1428 apparve la Madonna ad una contadina. La chiesa conserva intatto l’impianto quattrocentesco, arricchito da splendide terrecotte robbiane, in realtà di un concorrente dei della Robbia, Benedetto Buglioni. Annesso alla chiesa si erge maestoso il chiostro, memoria storica di un’abbazia, che ebbe funzione di succursale di quella di Vallombrosa.
Santuario di Santa Maria delle Grazie
Molin di Bucchio
Situato lungo la SR556 che da Stia conduce a Londa, Molin di Bucchio è il primo mulino che s’incontra nel fiume Arno ed uno fra i più antichi dell’intero territorio casentinese, visto che la prima costruzione risale al XIII secolo. Il mulino ha funzionato regolarmente fino al 1955 e saltuariamente fino al 1960. Attualmente vi si svolgono incontri culturali, e attività didattiche per le scuole e degustazioni dei prodotti locali. Vi venne ucciso dai nazisti il partigiano Pio Borri
I Musei
Museo dell'Arte della Lana
Dedicato alla lana e alla storia della sua lavorazione nel corso dei secoli, il museo ha sede all’interno dello storico lanificio di Stia, bell’esempio di archeologia industriale, che nei primi decenni del Novecento era una delle principali realtà tessili italiane. Oltre a rappresentare la memoria storica dell’attività del Lanificio, il museo vuole essere uno spazio vivo, un’esperienza per il visitatore che può toccare, annusare, ascoltare, imparare, provando in prima persona, la manualità di alcuni gesti propri dell’arte della lana. Complementari al percorso museale, infine, sono i laboratori didattici, dove è possibile svolgere una serie di attività finalizzate a conoscere le fibre tessili e i principi fisici alla base delle lavorazioni che trasformano la lana fino a farla divenire tessuto.
Collezione d'Arte Contemporanea
Ospitata all'interno del Palagio Fiorentino, la collezione d'Arte Contemporanea raccoglie dipinti e sculture di artisti viventi o del più recente passato, in gran parte toscani o operanti in Toscana: Pietro Annigoni, Remo Brindisi, Pietro Cascella, Giovanni Colacicchi, Primo Conti, Leonardo Cremonini, Antony De Witt, Salvatore Fiume, Bruno Innocenti, Mino Maccari, Marino Marini, Quinto Martini, Pietro Parigi, Giò Pomodoro, Ottone Rosai, Bruno Saetti, Sergio Scatizzi, Emilio Vedova.
Museo dello Sci
Nato per iniziativa dello Sci Club di Stia, il piccolo Museo ha una valenza non solo sportiva, ma anche di esposizione delle tradizioni locali; si articola in 3 sezioni: la vita sulla montagna, lo sviluppo dello sci come strumento e come sport agonistico, dagli inizi del '900 ai nostri giorni.
Collezione Ornitologica "Carlo Beni"
La collezione comprende 520 esemplari di 176 specie di uccelli, tutte italiane e rappresentative dell’avifauna presente nel territorio all'epoca della sua fondazione ad opera di Carlo Beni (fine ‘800).
Museo del Bosco e della Montagna
Il Museo raccoglie testimonianze sulla vita e sull'economia delle genti di montagna, legata in passato prevalentemente all'allevamento ovino transumante ed allo sfruttamento del bosco.
Museo del Castello di Porciano
Il Museo, situato nel Castello dei Conti Guidi, espone manufatti di uso domestico ed attrezzi relativi alla cultura contadina nel Casentino del XVIII e XIX secolo. Accanto a ceramiche, vasellame e vetri databili tra il XIV ed il XIX secolo, nel museo sono esposti oggetti di artigianato del Nord Dakota.
Al centro del paese è situata Piazza Tanucci, bella struttura dalla forma irregolare con i suoi portici che la fiancheggiano; e essa caratterizza tutto l’impianto urbanistico della cittadina. La piazza, già citata nell’Atlante Mondiale di Urbanistica, prende il nome dal celebre e illuminato statista del Regno di Napoli Bernardo Tanucci nato a Stia nel 1698. Di interesse st storico-artistico la fontana in pietra con ornamenti in metallo e l’affresco di Pietro Annigoni raffigurante San Francesco (1983). In questa piazza è stato girato gran parte del fortunato film Il Ciclone di Leonardo Pieraccioni... Su piazza Tanucci si affaccia la Pieve di Santa Maria Assunta, gioiello di arte romanica risalente nella sua struttura base al XII secolo. All’interno sono conservate opere di assoluto valore artistico fra le quali il Trittico dell'Annunciazione di Bicci di Lorenzo (1414), una Madonna col Bambino di Andrea della Robbia ed un ciborio in terra policroma dei Della Robbia.
Erede dell’antico castello dei Conti Guidi completamente distrutto nel 1440, l’attuale edificio fu fatto costruire agli inizi del novecento dall’Avvocato Carlo Beni, autore della celebre Guida del Casentino.
L’aspetto del palazzo è di tipo tardo-romanico con il prospetto caratterizzato dalla torre merlata, dai due ordini della facciata e dalla scala di collegamento dei piani che richiama l'impostazione del castello di Poppi. Il Palagio, di proprietà comunale, ospita la Raccolta d’Arte Contemporanea ed è sede di mostre e convegni.
Palagio Fiorentino
Antico castello dei Conti Guidi risalente al X secolo, famoso per la posizione geografica e per le caratteristiche architettoniche, è una delle rocche casentinesi più interessanti, raro esempio di torre-castello. Porciano è anche famoso per le memorie dantesche: la tradizione vuole che Dante vi sia stato tenuto prigioniero dopo la battaglia di Campaldino.
Castello di Porciano
A 4 km da Stia, lungo la strada per Londa, si trova il Santuario di Santa Maria delle Grazie, costruito sul luogo dove, secondo la tradizione, nel 1428 apparve la Madonna ad una contadina. La chiesa conserva intatto l’impianto quattrocentesco, arricchito da splendide terrecotte robbiane, in realtà di un concorrente dei della Robbia, Benedetto Buglioni. Annesso alla chiesa si erge maestoso il chiostro, memoria storica di un’abbazia, che ebbe funzione di succursale di quella di Vallombrosa.
Santuario di Santa Maria delle Grazie
Molin di Bucchio
Situato lungo la SR556 che da Stia conduce a Londa, Molin di Bucchio è il primo mulino che s’incontra nel fiume Arno ed uno fra i più antichi dell’intero territorio casentinese, visto che la prima costruzione risale al XIII secolo. Il mulino ha funzionato regolarmente fino al 1955 e saltuariamente fino al 1960. Attualmente vi si svolgono incontri culturali, e attività didattiche per le scuole e degustazioni dei prodotti locali. Vi venne ucciso dai nazisti il partigiano Pio Borri
I Musei
Museo dell'Arte della Lana
Dedicato alla lana e alla storia della sua lavorazione nel corso dei secoli, il museo ha sede all’interno dello storico lanificio di Stia, bell’esempio di archeologia industriale, che nei primi decenni del Novecento era una delle principali realtà tessili italiane. Oltre a rappresentare la memoria storica dell’attività del Lanificio, il museo vuole essere uno spazio vivo, un’esperienza per il visitatore che può toccare, annusare, ascoltare, imparare, provando in prima persona, la manualità di alcuni gesti propri dell’arte della lana. Complementari al percorso museale, infine, sono i laboratori didattici, dove è possibile svolgere una serie di attività finalizzate a conoscere le fibre tessili e i principi fisici alla base delle lavorazioni che trasformano la lana fino a farla divenire tessuto.
Collezione d'Arte Contemporanea
Ospitata all'interno del Palagio Fiorentino, la collezione d'Arte Contemporanea raccoglie dipinti e sculture di artisti viventi o del più recente passato, in gran parte toscani o operanti in Toscana: Pietro Annigoni, Remo Brindisi, Pietro Cascella, Giovanni Colacicchi, Primo Conti, Leonardo Cremonini, Antony De Witt, Salvatore Fiume, Bruno Innocenti, Mino Maccari, Marino Marini, Quinto Martini, Pietro Parigi, Giò Pomodoro, Ottone Rosai, Bruno Saetti, Sergio Scatizzi, Emilio Vedova.
Museo dello Sci
Nato per iniziativa dello Sci Club di Stia, il piccolo Museo ha una valenza non solo sportiva, ma anche di esposizione delle tradizioni locali; si articola in 3 sezioni: la vita sulla montagna, lo sviluppo dello sci come strumento e come sport agonistico, dagli inizi del '900 ai nostri giorni.
Collezione Ornitologica "Carlo Beni"
La collezione comprende 520 esemplari di 176 specie di uccelli, tutte italiane e rappresentative dell’avifauna presente nel territorio all'epoca della sua fondazione ad opera di Carlo Beni (fine ‘800).
Museo del Bosco e della Montagna
Il Museo raccoglie testimonianze sulla vita e sull'economia delle genti di montagna, legata in passato prevalentemente all'allevamento ovino transumante ed allo sfruttamento del bosco.
Museo del Castello di Porciano
Il Museo, situato nel Castello dei Conti Guidi, espone manufatti di uso domestico ed attrezzi relativi alla cultura contadina nel Casentino del XVIII e XIX secolo. Accanto a ceramiche, vasellame e vetri databili tra il XIV ed il XIX secolo, nel museo sono esposti oggetti di artigianato del Nord Dakota.
Il Panno Casentino
La lavorazione della lana a Stia vanta tradizioni antichissime, risalenti al tempo degli etruschi e dei romani. Nella seconda metà dell’Ottocento la lavorazione della lana ebbe uno sviluppo straordinario, passando da attività prettamente artigianale ad attività industriale. Il lanificio contava circa 500 operai e nel 1878 furono prodotti 200.000 metri di panni e stoffe di vario tipo.
Nell’antico lanificio di Stia ebbe origine il primo panno "ratinato", ovvero il panno casentino con i riccioli. |
Questa stoffa, calda, leggera, di pura lana, soffice e vaporosa deve i suoi famosi riccioli a un processo che si chiama rattinatura e che è uno dei tanti durante le 13 fasi di lavorazione. La rattinatura è la spazzolatura eseguita un tempo con le pietre, ora con denti d'acciaio, che crea il tradizionale ricciolo. È proprio grazie a questo ricciolo che si ottiene un doppio strato funzionale antifreddo e antipioggia, che dà un perfetto isolamento termico, mantenendo però la traspirazione. Le buone acque assicurano la brillantezza nei colori che sono caratteristici e in sintonia con i colori dei boschi d'autunno. Una volta si usava solo il verde e l’arancio, oggi anche altri colori. Il “Casentino” è uno dei tanti, tipici nostri prodotti nazionali. Dal 1300 è il vero simbolo di questa valle. Anche le “gabelle” venivano pagate con i panni di lana orbace. Ancora oggi il panno casentino è simbolo di eleganza, generalmente confezionato in cappotti a doppio petto, con martingala e collo di volpe. Utilizzata anche dai grandi stilisti, questa stoffa è divenuta il prodotto attraverso il quale i Lanifici del Casentino tengono alto il nome del “Made in Italy”, sia in Europa, che in Giappone e Stati Uniti d'America.
La Biennale d’arte fabbrile
Nata nel 1976 con l’intento di recuperare una forma di artigianato locale e d’arte antichissima, la Biennale Europea d’Arte Fabbrile rappresenta il più importante appuntamento a livello europeo nel settore del ferro battuto. La prima settimana di settembre negli anni dispari, fabbri provenienti da tutto il mondo si incontrano a Stia per un appuntamento che, accanto alla più pura tradizione dell’arte fabbrile, è espressione delle nuove tendenze ed avanguardie e che rappresenta un’ottima occasione di confronto e scambio culturale. Con oltre 50 espositori e 200 fabbri in rappresentanza di 20 nazioni, la Biennale di Stia è diventata il più importante appuntamento del settore a livello europeo, offrendo ulteriori possibilità di guadagni ad artigiani di tutto il mondo, che continuano a mantenere ben salda la tradizione del ferro battuto. Quattro giorni tra artigianato, arte e design, per offrire ad un pubblico sempre più numeroso e qualificato una panoramica ampia e variegata della produzione fabbrile, tra tradizione ed innovazione. Migliaia sono i visitatori, che ad ogni edizione arrivano a Stia per vedere, curiosare e acquistare splendidi oggetti realizzati nella più rigorosa disciplina delle tecniche artigiane. Ed ogni volta la Biennale offre novità e momenti particolari. Dalla mostra mercato al Concorso Internazionale di Disegno e Progettazione fino all’atteso Campionato del Mondo di Forgiatura, che vede in gara fabbri provenienti dai cinque continenti per la conquista del titolo iridato, sia individuale che a squadre. Un momento di competizione, ma ancor più un’occasione di concreto e amichevole confronto di tecniche, stili e culture
Ringraziamenti
Doveroso è il ringraziamento alle istituzioni, alle personalità del mondo della cultura, dell’arte, della radio-televisione e dei giornali; agli amici e ai simpatizzanti che stanno accompagnando il Premio.
Un grazie particolarissimo a chi ha sostenuto e contribuito alla riuscita degli avvenimenti. Un abbraccio a tutti, al folto pubblico in viaggio, che ci ha seguito con entusiasmo e simpatia nei luoghi interessati al Premio. Le novità non finiranno mai di sorprenderci. Facciamoci un augurio: continuare a volare con la scrittura e la creatività per donare alle donne e agli uomini, che vorranno scrivere storie, un lungo momento di tregua dalle difficoltà della vita.
Lorena Fiorini
Associazione Culturale Scrivi la tua storia
La Presidente Lorena Fiorini
cell. n° 3473506000
Sede operativa: Via Domenico Berti, 8
00135 Roma – Italia
e-mail: info@scrivilatuastoria.com;
website: associazionescrivilatuastoria.weebly.com/
Comune di Pratovecchio Stia
Il Sindaco Nicolò Caleri
Piazza Maccioni,1
52015 Pratovecchio Stia (Arezzo)
sindaco.pratovecchiostia@casentino.toscana.it
www.pratovecchiostia.ar.it
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Nata nel 1976 con l’intento di recuperare una forma di artigianato locale e d’arte antichissima, la Biennale Europea d’Arte Fabbrile rappresenta il più importante appuntamento a livello europeo nel settore del ferro battuto. La prima settimana di settembre negli anni dispari, fabbri provenienti da tutto il mondo si incontrano a Stia per un appuntamento che, accanto alla più pura tradizione dell’arte fabbrile, è espressione delle nuove tendenze ed avanguardie e che rappresenta un’ottima occasione di confronto e scambio culturale. Con oltre 50 espositori e 200 fabbri in rappresentanza di 20 nazioni, la Biennale di Stia è diventata il più importante appuntamento del settore a livello europeo, offrendo ulteriori possibilità di guadagni ad artigiani di tutto il mondo, che continuano a mantenere ben salda la tradizione del ferro battuto. Quattro giorni tra artigianato, arte e design, per offrire ad un pubblico sempre più numeroso e qualificato una panoramica ampia e variegata della produzione fabbrile, tra tradizione ed innovazione. Migliaia sono i visitatori, che ad ogni edizione arrivano a Stia per vedere, curiosare e acquistare splendidi oggetti realizzati nella più rigorosa disciplina delle tecniche artigiane. Ed ogni volta la Biennale offre novità e momenti particolari. Dalla mostra mercato al Concorso Internazionale di Disegno e Progettazione fino all’atteso Campionato del Mondo di Forgiatura, che vede in gara fabbri provenienti dai cinque continenti per la conquista del titolo iridato, sia individuale che a squadre. Un momento di competizione, ma ancor più un’occasione di concreto e amichevole confronto di tecniche, stili e culture
Ringraziamenti
Doveroso è il ringraziamento alle istituzioni, alle personalità del mondo della cultura, dell’arte, della radio-televisione e dei giornali; agli amici e ai simpatizzanti che stanno accompagnando il Premio.
Un grazie particolarissimo a chi ha sostenuto e contribuito alla riuscita degli avvenimenti. Un abbraccio a tutti, al folto pubblico in viaggio, che ci ha seguito con entusiasmo e simpatia nei luoghi interessati al Premio. Le novità non finiranno mai di sorprenderci. Facciamoci un augurio: continuare a volare con la scrittura e la creatività per donare alle donne e agli uomini, che vorranno scrivere storie, un lungo momento di tregua dalle difficoltà della vita.
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