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Il confine fra le due discipline, Scienza e Filosofia, è molto labile. Sono entrambe guidate dal dubbio, motore di ricerca per interrogarsi sulla realtà che ci circonda. L’essenza del dubbio è nel dare nulla per scontato a priori. Fin dalle sue origini la filosofia si è interrogata su ciò che ci circonda. L’interrogarsi sulla formazione del nostro sistema solare, è stato argomento molto dibattuto sia in scienza che in filosofia. Copernico e Galileo, nel contempo filosofi e scienziati, furono spinti dalla una straordinaria intuizione, elaborando teorie rivoluzionarie per quei tempi e trasformando una visione geocentrica in una eliocentrica sulla base di ipotesi non ancora convalidate. Queste straordinarie intuizioni, furono riprese da Keplero per elaborare le sue tre leggi che regolamentano il movimento dei pianeti. Leggi ancor oggi in uso per le analisi delle orbite dei satelliti artificiali.
Il termine ipotesi (dal greco “Hypo” sotto e Thesis “posizione”) si riferisce a tutto ciò che viene pensato come possibile, su cui si imposta un’indagine teorica o sperimentale che dovrebbe confermarlo o negarlo. L’ipotesi è spesso fondata sull’intuito, e quindi non dimostrata. Fin dagli albori, i filosofi facevano uso del concetto di ipotesi per costruire le loro teorie sulla conoscenza. Platone, condivideva l’uso delle ipotesi nelle dimostrazioni matematiche e, dal punto di vista filosofico, sosteneva che solo sfruttando le ipotesi da giustificare si poteva arrivare a delle conclusioni certe. Aristotele era di altro avviso, considerava le ipotesi una premessa non necessaria, per cui non assolutamente certa di una dimostrazione. Solo con Newton cambia il senso del termine ipotesi, per il quale tale termine esprimeva l’impossibilità di andare al di là della descrizione dei fenomeni per cercarne la causa. Dal Novecento in poi, si inizia a sostenere la natura ipotetica di ogni teoria e si evidenzia l’importanza delle ipotesi ai fini del processo di conoscenza. Le ipotesi sono attualmente alla base del metodo scientifico, il quale, basandosi su osservazioni empiriche, formula una ipotesi da verificare per dimostrare la veridicità dei fatti. L’ipotesi, nel linguaggio matematico, è elemento indispensabile per dimostrazioni e teoremi. Ne rappresenta un punto di partenza. L’ipotesi è stata, quindi, un motore per la ricerca per elaborare teorie e la sperimentazione ha il compito di validarle o meno. L’intuizione è un altro termine cardine che ha guidato sia grandi scoperte scientifiche che il metodo filosofico. Si tratta del metodo degli esperimenti mentali. Tale metodo serve per rappresentare le intuizioni tramite narrazioni di situazioni immaginarie. Le intuizioni sono considerate accettabili o meno sulla base di criteri non facili da esplicitare, come, ad esempio, un algoritmo matematico. A volte si possono avere intuizioni che non sono immediatamente accessibili, ed è proprio grazie alle intuizioni che si fanno delle vere e proprie scoperte. Albert Einstein, lo scienziato più celebre della storia, grazie alla sua gigantesca intuizione arriva alla elaborazione della teoria della relatività, comunemente conosciuta come la semplice formula matematica: E=mc2. Nel frattempo, Max Planck con i suoi esperimenti arriva alla conclusione che la radiazione termica, come la luce, non viene emessa con continuità, ma per pacchetti, ossia per quantità discrete. La scoperta di Planck faceva crollare l’ipotesi del continuo e introduceva una lettura del mondo come costituito da particelle discrete, finite. Partendo dalla scoperta di Planck, Einstein con la sua intuizione, afferma che la luce è formata di quanta di luce (fotoni), e fa tramontare definitivamente i due assoluti della fisica newtoniana: lo spazio e il tempo. Kant aveva posto spazio e tempo come categorie a priori della nostra conoscenza. Secondo la teoria della relatività, lo spazio è modellato dalla massa degli oggetti che vi si trovano, il tempo è relativo alla velocità del sistema di riferimento entro cui gli oggetti agiscono, fino ad annullarsi il primo (il tempo), e divenire a massa infinita, quando il sistema si approssima alla velocità della luce. Possiamo quindi affermare che intuizione e dubbio hanno sempre governato le più grandi menti della storia della scienza. Dubbio, ipotesi e intuizione ci fanno muovere, pensare e fare ricerca per superare limiti che pensavamo insormontabili. Contemporaneamente Heisenberg, con il principio di indeterminazione, e Schrodinger, con l’equazione che determina l'evoluzione temporale dello stato di un sistema, hanno posto definitivamente le basi della fisica quantistica. Heisenberg ritiene che le “leggi naturali non conducono quindi a una completa determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo; l'accadere è piuttosto rimesso al gioco del caso”, mentre Schrodinger afferma che nel contemporaneo non c’è una verità assoluta e oggettiva, ma punti di vista e probabilità. Il linguaggio quantistico ha permesso di introdurre il concetto di granularità, con i suoi stati discreti dell’energia, grazie all’astrazione rispetto ad una pura osservazione. I quanti hanno quindi permesso di superare ciò che non era facilmente rappresentabile in modo deterministico. Ed è grazie alla meccanica quantistica che si può rappresentare quanto succede nel mondo degli atomi. Si introduce così un nuovo termine: il caso, legato allo studio di mondi infinitamente piccoli. Il caso è legato alla probabilità di osservare una cosa o un’altra. L’opinione comune della scienza esatta e infallibile, in quanto dettata da regole deterministiche, viene quindi sfatata e il confine fra le due discipline, Scienza e Filosofia, diventa ancora più sottile. Nasce quindi, dalla discussione della casualità, un punto di riferimento del dibattito assai vivo ed interessante a cui partecipano ancora oggi scienziati e filosofi. È proprio dal concetto del caso che Jacques Monod scrive il suo libro. Monod ha elaborato, sulla base delle nuove scoperte scientifiche, una filosofia che cerca di risolvere l'antico dualismo tra caso e necessità, ossia una concezione casuale della realtà opposta ad una deterministica. Con il suo celebre libro “Il caso e la necessità” coniuga l’approccio scientifico con la dimensione dell’uomo e sostiene che soltanto il caso è all'origine di ogni novità, di ogni creazione nella biosfera. Il caso diventa quindi l’origine di ogni evoluzione. Gli esseri viventi rappresentano un sistema chiuso: essi sono caratterizzati dall'"invarianza" e dalla "teleonomia", cioè dalla capacità di trasmettere la propria struttura genetica alle generazioni successive. Quando si verifica una mutazione questa è da ascrivere ad eventi casuali verificatisi al suo interno. Egli sostiene che la scienza ha dimostrato che “nell'uomo essa sa riconoscere l'animale, non assurdo ma strano, prezioso per la sua stessa stranezza; un essere che, appartenendo contemporaneamente ai due regni - la biosfera e il regno delle idee - è al tempo stesso torturato e arricchito da questo dualismo lacerante che si esprime nell'arte, nella poesia e nell'amore umano”. Queste due discipline navigano quindi fianco a fianco, con linguaggi che possono sembrare diversi, ma che in realtà sono spinti dagli stessi interrogativi. L’approccio probabilistico e il metter in discussione l’evidente, accomuna queste due discipline nello sviscerare teorie. Una visione moderna del mondo scientifico è rappresentato dal pragmatismo americano di John Dewey, uno dei maggiori innovatori della filosofia del ‘900. Egli sostiene che il ruolo della scienza nell’esperienza non è un assoluto, ma uno dei tanti fattori che concorrono alla formazione della nostra visione globale del mondo, alla pari con l’arte, l’etica e la politica. Egli ritiene che l’uomo è parte della realtà naturale, e non un ente che per ragioni misteriose si contrappone a essa proponendosi di piegarla interamente ai suoi fini. La “ricerca della certezza” è a suo avviso un obiettivo fuorviante. Per Dewey non ci sono dati in sé, ma quello che in una situazione può esser un dato, in un’altra può esser un problema, o viceversa. In altri termini, nulla è dato se non in rapporto a un’operazione o a un piano operativo che viene formulato in termini simbolici. Solo attraverso le costruzioni simboliche ed operative dell’intelligenza, gli eventi diventano oggetti, ossia acquistano una funzione funzionale costante. Anche la loro sistemazione è sempre e soltanto funzionale, ossia compiuta in vista della loro efficacia a risolvere situazioni problematiche. Dewey, sintetizza il suo pensiero nell’affermazione: “l’essenza della razionalità umana consisterebbe nella produzione di sempre nuove tecniche per il dominio del mondo”. Egli si iscrive in un modo assolutamente contemporaneo come studio dei modi della percezione, e in questo senso l’estetica studia anche la tecnica, l’arte come una tra le sue manifestazioni. Il suo concetto di nuove tecniche lo rende molto più vicino a noi, le tecniche assumono un alto valore, e possono essere forgiate per ritoccare, snellire, perfezionare l’efficacia dell’interpretazione del mondo che ci circonda. Egli sostiene la libertà della ricerca, l’esigenza di sottoporre a verifica ogni ipotesi, chiunque l’abbia sostenuta, e la collaborazione tra i ricercatori. È su queste basi che si denota la sua modernità, vicinanza alla scienza e alle nostre nuove tecnologie. Tramite queste tecniche siamo in grado di interpretare grosse moli di dati e studiare l’evoluzione di fenomeni per estrarre in formazioni, interpretarli e simulandone i comportamenti. Ad esempio l'intelligenza artificiale è una disciplina dibattuta tra scienziati e filosofi poiché manifesta aspetti etici oltre che teorici e pratici. Stephen Hawking nel 2014 mise in guardia evidenziando anche i possibili effetti negativi e considerandola una minaccia per la sopravvivenza dell'umanità. Elon Musk, una delle più celebri menti dei nostri giorni, ha twittato: “Dobbiamo essere super attenti all'intelligenza artificiale. Potenzialmente più pericolosa del nucleare.”. Dubbi che necessitano di tutele. Nell’aprile del 2019, l’Unione Europea ha elaborato il suo Codice Etico, che contiene le linee guida su utilizzo e sviluppo di sistemi di Intelligenza Artificiale, in quanto i governi devono garantire l’impiego dell’Intelligenza Artificiale nel massimo rispetto dell’etica. Il punto di partenza e i principi giuridici che ne sono scaturiti, è che l’Intelligenza Artificiale deve avere l’uomo al centro e deve essere al servizio del bene comune per migliorare il benessere e garantire la libertà. Per prima cosa il gruppo di esperti ha identificato le fondamenta giuridiche sulle quali il codice dovesse poggiare ricercandole nei Trattati UE, nella Carta Dei Diritti e nella legge Internazionale dei Diritti Umani. Da questa analisi sono stati individuati quei diritti inderogabili che, nell’Unione Europea, devono essere rispettati per l’Intelligenza Artificiale, vale a dire: rispetto per la dignità dell’uomo, libertà dell’individuo, rispetto per la democrazia e per la giustizia, eguaglianza e non discriminazione, diritti dei cittadini. Questa nostra inarrestabile esigenza di capire l’origine della nostra esistenza, e del mondo vicino e lontano che ci circonda, ci porta a fare scoperte e avventure scientifiche il cui limite con l’etica è tutt’oggi molto dibattuto e qui si apre un nuovo capitolo su quelle che saranno le nostre future conquiste, colonizzazioni e sfruttamenti di un spazio che fino a circa cinquant’anni fa vedevamo come una grande conquista, posando il primo piede sulla luna. Citando la frase di Neil Armstrong “Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l'umanità”, possono questi dubbi, interrogazioni fra scienza ed etica, mai fermare questa fantastica e affascinante avventura alla ricerca di conoscere se c’è vita oltre il nostro pianeta? La nostra sete di conoscenza non smetterà mai di stupirci e ci porterà ad esplorare gli infiniti spazi silenziosi del cosmo e del nostro “io”.
2 Comments
giuseppina del signore
5/6/2021 09:41:26
Grazie Annamaria, un articolo molto interessante
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bettina
5/6/2021 10:00:32
dualismo lacerante che si
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AutoreA cura delle socie di Scrivi la tua Storia Archivi
June 2023
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